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IL LABIRINTO DEL DESIDERIO dal desiderio alla costruzione del Sé

 

IL LABIRINTO DEL DESIDERIO

dal desiderio alla costruzione del Sé

Dott. Alberto Stilgenbauer




“Il gioco è il luogo dove l’interno incontra l’esterno,

dove l’io si costruisce esplorando il possibile.”

Donald Winnicott

 

Le “Navigazioni in Corso” sono anche questo, e si anche, perché il lavoro gruppale che viene svolto include oltre alla ricerca della spontaneità, del pensare le emozioni, anche il progettare e soprattutto il realizzare. Le mani spesso hanno bisogno di esprimere con la realizzazione ciò che abbiamo in ognuno di noi e le mani non sono una cosa a sé, ma fanno parte dell’interezza e della persona, anche se questa è una piccola persona, come nello specifico una bambina.

Una bambina di nove anni che ha ideato e costruito un labirinto circolare per far girare una biglia, immaginando una persona che cerca la via di uscita. Interamente progettato da lei, realizzato insieme, e infine dipinto con segni, colori e gesti propri. Si tratta, a prima vista, di un oggetto ludico, ma guardandolo più da vicino diventa chiaro che questo labirinto è molto di più: è una mappa mentale, una rappresentazione tridimensionale del suo mondo interno, e al tempo stesso un passaggio tra immaginazione e realtà.

L’attività si è articolata in quattro passaggi fondamentali:

Il desiderio – che in questo caso ha preso la forma di un'idea: “Voglio fare un gioco dove la pallina gira... e ci sono muri, e una strada per arrivare al centro”, una via d’ingresso e una via d’uscita.

 Il progetto su carta – un momento di mentalizzazione, traduzione in segno, orientamento spaziale, e non è poco passare dalla fantasia al desiderio espresso e comunicato con un disegno. In un disegno non c’è solo l’espressione della fantasia, ma c’è anche la comunicazione all’altro, altro da te, altro che deve capire cosa stai pensando e dicendo.

La costruzione concreta – fatta insieme, in dialogo con i materiali, i limiti, il tempo. Qui entra la realtà, ossia il desiderio deve incontrare la realtà perché divenga concreto, senza l’incontro della realtà, si rimane idealizzatori senza prodotto

Il collaudo funzionale – in cui si verifica se l’oggetto funziona, cioè se regge la prova del reale. E’ il momento emozionante del: funziona o no? Sono soddisfatta? Devo portare delle modifiche?

 Questo percorso si è rivelato un dispositivo simbolico potente, capace di sostenere una funzione poietica e simbolopoietica: la bambina ha potuto dare forma e realtà a un pensiero interno, metterlo al mondo e poi testarlo, modificarlo, perfezionarlo. È un processo che possiamo leggere come una metafora dell’identità in formazione.

La struttura è circolare, questo dà l’idea dell’espansione e della possibilità di variare le traiettorie, non si sviluppa per linearità, ma per ritorno, esplorazione, ripensamento. Il movimento della pallina che corre, si blocca, devia, riparte – è l’immagine mobile del Sé che cerca un centro o ne scappa.

Al centro, i colori esplodono: rossi, aranci, gialli. È un cuore vivo, emotivo, pulsante. Un luogo potente, forse anche pericoloso, è il nucleo creativo che parte dal centro, va alla periferia con il blu e il viola.

Le macchie schizzate ovunque mettono in evidenza la vitalità non controllata, ma circoscritta, è un gesto libero, di gioia che rompono i margini, che fanno dire: “ci sono”, (da considerate che il brano musicale di fondo delle Navigazioni in Corso è: Ci sono anch’io!).

Il Labirinto racconta di una bambina che si organizza tra dentro e fuori, tra desiderio e regole del gioco, tra esplosione e contenimento, ed allora il labirinto diviene contemporaneamente luogo di prova e luogo di gioco.

Nel tempo trascorso di questo lavoro manuale, ricchissimo di dialogo su tanti argomenti dei vissuti della navigante, accade che la bambina pensa mentre fa, elabora mentre prova, metabolizza mentre colora. È un tempo in cui il pensiero prende corpo, e il corpo si fa pensiero. In questo senso, l’attività non è mai solo tecnica, ma psichica, emozionale, relazionale.

 Il lavoro con le mani fatto insieme dialogando e esplorando le emozioni, diventa anche possibilità di esplorare il limite – “non funziona”, “cade”, “non ci passa” – e di trasformarlo in un’occasione creativa. In questa esperienza abbiamo lavorato implicitamente sulla tolleranza alla frustrazione, sulla capacità di attesa, sullo sviluppo della capacità a costruire un pensiero sulle emozioni che si stavano vivendo.

Dall’oggetto all’intersoggettivo

Costruire un oggetto insieme, nel contesto relazionale di Navigazioni in corso, consente di osservare le modalità relazionali del bambino, i suoi vissuti di fiducia, di cooperazione, di richiesta d’aiuto. Ma l’oggetto stesso può poi diventare narrazione condivisa, materiale associativo, occasione per una riflessione gruppale, ma soprattutto un vissuto che costruisce relazioni.

 

 







 

  

THE LABYRINTH OF DESIRE

from desire to the construction of the Self

Dr. Alberto Stilgenbauer

 

“Play is the place where the inside meets the outside,

where the self is built by exploring the possible.”

Donald Winnicott

 The “Navigations in Progress” are also this, and yes also, because the group work that is carried out includes, in addition to the search for spontaneity, thinking about emotions, also planning and above all realizing. Hands often need to express with the realization what we have in each of us and hands are not a thing in themselves, but are part of the whole and of the person, even if this is a small person, like specifically a little girl.

A nine-year-old girl who designed and built a circular labyrinth to spin a marble, imagining a person looking for the way out. Entirely designed by her, created together, and finally painted with her own signs, colors and gestures. At first glance, it is a play object, but looking at it more closely it becomes clear that this labyrinth is much more: it is a mental map, a three-dimensional representation of its internal world, and at the same time a passage between imagination and reality.

The activity was divided into four fundamental steps:

The desire – which in this case took the form of an idea: “I want to play a game where the ball spins... and there are walls, and a road to get to the center”, a way in and a way out.

The project on paper – a moment of mentalization, translation into a sign, spatial orientation, and it is no small thing to move from fantasy to desire expressed and communicated with a drawing. In a drawing there is not only the expression of fantasy, but there is also communication to the other, other than you, other who must understand what you are thinking and saying.

The concrete construction – done together, in dialogue with the materials, the limits, the time. Reality comes in here, that is, desire must meet reality for it to become concrete, without the encounter with reality, one remains an idealizer without a product

 The functional test – in which it is verified whether the object works, that is, whether it stands the test of reality. It is the emotional moment of: does it work or not? Am I satisfied? Should I make changes?

This path has revealed itself to be a powerful symbolic device, capable of supporting a poietic and symbolopoietic function: the child was able to give form and reality to an internal thought, bring it into the world and then test it, modify it, perfect it. It is a process that we can read as a metaphor for identity in formation.

The structure is circular, this gives the idea of ​​expansion and the possibility of varying trajectories, it does not develop by linearity, but by return, exploration, rethinking. The movement of the ball that runs, stops, deviates, starts again – it is the mobile image of the Self that seeks a center or runs away from it.

In the center, the colors explode: reds, oranges, yellows. It is a living, emotional, pulsating heart. A powerful place, perhaps even dangerous, is the creative nucleus that starts from the center, goes to the periphery with blue and purple.

The stains splashed everywhere highlight the uncontrolled, but circumscribed vitality, it is a free gesture, of joy that breaks the margins, that makes you say: "I'm here", (consider that the background music of Navigazioni in Corso is: I'm here too!).

The Labyrinth tells the story of a little girl who organizes herself between inside and outside, between desire and the rules of the game, between explosion and containment, and then the labyrinth becomes simultaneously a place of testing and a place of play.

 In the time spent in this manual work, rich in dialogue on many topics of the navigator's experiences, it happens that the little girl thinks while she does, elaborates while she tries, metabolizes while she colors. It is a time in which thought takes shape, and the body becomes thought. In this sense, the activity is never just technical, but psychic, emotional, relational.

Working with your hands together, talking and exploring emotions, also becomes the possibility of exploring the limit – “it doesn’t work”, “it falls”, “it doesn’t go through” – and transforming it into a creative opportunity. In this experience we worked implicitly on tolerance to frustration, on the ability to wait, on the development of the ability to construct a thought on the emotions that were being experienced.

From the object to the intersubjective

Building an object together, in the relational context of Navigazioni in corso, allows us to observe the child’s relational modalities, his experiences of trust, cooperation, and asking for help. But the object itself can then become a shared narrative, associative material, an opportunity for group reflection, but above all an experience that builds relationships.

 

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