LA PSICOTERAPIA ANALITICA CON I BAMBINI
Dott. Alberto Stilgenbauer
“È nel giocare e soltanto mentre gioca che
l’individuo,
bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di
fare uso dell’intera personalità,
ed è solo nell'essere creativo che l’individuo scopre
il sé.”
D. W. Winnicott
Ogni
volta che un bambino varca la soglia del mio studio, almeno per me e per il mio
modo di approcciare, considero che entra un essere con una sua specifica storia,
con suoi sentimenti, con il suo verso. Questa storia è a me sconosciuta, e a dire il vero spesso è sconosciuta anche al bambino stesso ed ai suoi genitori;
so che gli appartiene, che per lui è l’unica storia che può, sa, deve
recintare, ed è recitata in ogni istante, in ogni gesto.
Ciò
che si manifesta nel suo esserci, nel suo raccontarsi, ma anche nel suo oscuro non
raccontarsi è qualcosa che la psicologia chiama sintomi che vanno dalle fobie,
ai disturbi del sonno, ai tic, alla balbuzie, al silenzio assordante,
all’immobilismo paralizzato, al pianto infinibile, ai capricci, all’insistenza,
alla glacialità, ecc., modalità che già di per sé assumono un nebuloso senso di
quello che sta avvenendo, una rappresentazione che all’interno dello spazio
scenico dello studio lo fa riempire di personaggi/sensazioni di minaccia,
pericolo, agguato, ladri, rapitori, ilarità, derisioni, ed altro, e tutto
questo esprime nel reale, i vissuti di quello specifico ed unico bambino nel
suo multiplo confrontarsi con ciò che lo circonda nella vita di tutti i giorni.
Con
il bambino, nello studio non entra solo la sua storia, entrano anche i
genitori, la loro relazione, la loro intera famiglia, le storie personali e di
coppia di questi; queste storie e modalità di vivere inevitabilmente fanno
parte del tessuto narrativo che vive il piccolo cliente, anzi il piccolo della
famiglia risulta essere proprio il prodotto di queste storie.
Quello
che la psicologia chiama sintomi, divengono per me elementi narrativi di un
racconto, assetti e situazioni che si aprono alla comprensione solo allor
quando vengono a sospendersi pre-giudizi, in senso letterale, quando ciò che si
vede non viene chiuso entro un contenitore con un’etichetta, anzi, proprio il
disordine di ciò che si ha davanti, assume il valore di specificità rappresentativa
di un quadro unico è specifico di quell’assetto familiare.
Interessarsi
a ciò, assumere un assetto esplorativo da parte dello psicologo, vuol dire
sospendere il giudizio, sospendere la memoria nel rintracciare casi analoghi,
vuol dire sospendere il desiderio di darsi risposte, accettare la condizione
d’angoscia, d’impotenza, e questa è la condizione migliore per poterci capire
qualche cosa; anche perché il capire qualche cosa, è sempre qualcosa di
provvisorio, come i movimenti di accomodamento molecolare nei passaggi di stato
scoperti dal fisico Giorgio Parisi.
In
questo assetto esplorativo, l’elemento essenziale da costruire, parallelamente,
è cercare nella relazione con il bambino la sua capacità creativa, è l’inizio
di una specie d’avventurosa ricerca della simbolopoiesi, lo sviluppo della
capacità simbolopoietica, anche a partire dal poco che si scopre, uno sviluppo
della capacità generare nuovi significati e quindi della declinazione in chiave
mitica (mitopoiesi) della realtà dei vissuti provati dal bambino.
Entrare
in questa modalità di cambiamento narrativo, permette di rinarrare con storie e
sequenze sceniche le proprie difficoltà, le paure, i sensi di colpa, significa
dare parola ai vissuti e non agirli, anche all’interno del sintomo, trovare
altre strade espressive, dando nuovo senso al dolore e alle difficoltà, anche
con l’uso di personaggi su un’area scenica (Sceno Test[1]), trasformando un vecchio
copione recitato infinite volte in un’altra modalità di mettersi in relazioni
con i genitori, la scuola, le amicizie.
Conoscere
le proprie difficoltà, vederle, sentirle, poterle toccare non sentendosi solo,
abbandonato e impotente, ma vedere che creativamente posso cambiare lo
svolgersi delle scene, capire di avere tutte le caratteristiche utili allo
sviluppo della creatività, del generare nuovi sensi, non solo sulla scena dello
Studio, ma nella realtà dinamica del vivere le relazioni con la propria
famiglia e con gli altri.
ANALYTICAL
PSYCHOTHERAPY WITH CHILDREN
Dr.
Alberto Stilgenbauer
"It is in playing and only while playing that the
individual,
child or adult, is able to be creative and make use of
the whole personality,
and it is only in the creative being that the
individual discovers the self. "
D. W. Winnicott
Every
time a child crosses the threshold of my studio, at least for me and for my way
of approaching, I consider that a being enters with a specific story, with
feelings of him, with the direction of him. This story is unknown to me, and to
tell the truth it is often unknown even to the child himself and to his
parents; I know that it belongs to him, that for him it is the only story that
he can, he knows, must enclose, and it is recited in every moment, in every
gesture.
What
manifests itself in his being there, in his telling himself, but also in his
obscure not telling himself is something that psychology calls symptoms ranging
from phobias, to sleep disorders, to tics, to stammering, to deafening silence,
to paralyzed immobility. , to the infinite crying, to the whims, to the
insistence, to the iciness, etc., modalities that already in themselves take on
a nebulous sense of what is happening, a representation that within the stage
space of the studio makes it filled with characters / sensations of threat,
danger, ambush, thieves, kidnappers, hilarity, derision, and more, and all this
expresses in reality the experiences of that specific and unique child in his
multiple confrontation with what surrounds him in everyday life .
With
the child, not only the story of him enters the study, but also the parents,
their relationship, their entire family, their personal and couple stories;
these stories and ways of living are inevitably part of the narrative fabric
that the little customer lives, indeed the little one of the family turns out
to be the product of these stories.
What
psychology calls symptoms, for me become narrative elements of a story,
arrangements and situations that open to understanding only when prejudices are
suspended, in the literal sense, when what is seen is not closed within a
container with indeed, a label, precisely the disorder of what is in front of
us, takes on the value of representative specificity of a single picture that
is specific to that family structure.
Taking
an interest in this, assuming an exploratory attitude on the part of the
psychologist, means suspending the judgment, suspending the memory in tracing
similar cases, means suspending the desire to give oneself answers, accepting
the condition of anguish, impotence, and this is the best condition to be able
to understand something; also because understanding something is always
something provisional, like the movements of molecular accommodation in the
changes of state discovered by the physicist Giorgio Parisi.
In
this exploratory setting, the essential element to build, in parallel, is to
seek his creative capacity in the relationship with the child, it is the
beginning of a kind of adventurous search for symbolopoiesis, the development
of symbolopoietic capacity, even starting from the little that is discovered, a
development of the ability to generate new meanings and therefore of the
declination in a mythical key (mythopoiesis) of the reality of the experiences
experienced by the child.
Entering
this modality of narrative change, allows you to recount your difficulties,
fears, feelings of guilt with stories and scenic sequences, means giving a word
to the experiences and not acting them, even within the symptom, to find other
expressive ways, giving new meaning to pain and difficulties, even with the use
of characters on a scenic area (Sceno Test), transforming an old script recited
countless times into another way of relating to parents, school, friendships .
[1] LA SCENO TEST –
Dott. Alberto Stilgenbauer - https://studiodegama.blogspot.com/2018/09/lo-sceno-test.html
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